Crossing References
Paola Baccigalupo, Federica Barbieri, Natalia Bonacini, Yana Drumeva, Giulia Giannerini, Jaleh Nezamdoust, Santo Nicoletti, Martina Scattaglia, Sogol Yousefiavarzama
Luogo dell’evento: Via Boldrini, 12W – Bologna
Data dell’evento: Gennaio 2013
“In un mondo dominato da scienza e tecnologia, l’unica cosa eccitante e in grado di creare valori e significati è l’arte. Tutto il resto, banalmente, esiste”. Che rapporto c’è oggi tra arte e architettura? “È un grave errore tentare di mischiarli”. E cosa ci dice delle sue grandi opere d’arte collocate in contesti urbani, come a Montpellier? “Non mi preoccupo del contesto, penso che le mie sculture potrebbero stare dovunque, nascono nel mio studio e non so dove finiranno. Penso che l’installazione e il “site specific” siano profondamente noiosi”. Così si è espresso Tony Cragg, in un’intervista di qualche anno fa. Sull’installazione in sé non mi sembra di poter essere d’accordo, ma sulla “foglia di fico” dell’arte in grado di adattarsi alla specificità del luogo, di vivere in esso e per esso, qualche dubbio lo nutro. Eppure Crossing references, l’evento curato da Claudio Rosi e da Barbara Ceciliato presso R.C.Boximbau, sembra restituire un alone di elegante autorevolezza alla relazione tra opera e spazio, tra creazione ed installazione, tra progetto e individuazione della collocazione capace di rendere il gesto dell’artista pieno e compiuto. Quattro “personali” ed una selezione di nove giovanissimi dialogano e si confrontano all’interno di uno spazio post-industriale nel quale si rendere evidente come, tra tanti energumeni dello spirito e muscolari dell’anima, è necessario – e non solo opportuno – prevedere la presenza e la visione anche una forma di “bellezza” fragile, indigente, destinata ad abbandonare quella collocazione tanto sapientemente cercata. Una mostra “senza punteggiatura”, che dice tanti modi di pensare il mondo, i suoi tempi, le sue infinite ed impossibili variazioni e trasformazioni. Una sorta di lampo lento, che non ha né prima né poi, ma capace di fissare, per un attimo, le lettere di cui il mondo si compone. Non le frasi, non la compiutezza accidentata della parola, ma le lettere, la sintesi fonetica che precede il discorso.altro. E poi, con questi box, dialogano le opere di artisti più giovani: un giardino, commovente, con una vegetazione senza tempo, o fuori tempo (Federica Barbieri); un tappeto metallico che “custodisce” glomeruli di corda e bagliori che scandiscono la dinamica della composizione (Martina Scattaglia); i corpi, gli autoritratti ed il video di Giulia Giannerini; l’abito sontuoso investito dalla luce di Wood di Sogol Yousef; il video che testimonia la presenza, protetta e incontaminata, di un paio di scarpe che i piedi nudi di una presenza femminile sembra non voler indossare (Yana Drumeva); la delicatezza di una presenza plastica nella quale sono i topi a farla da protagonisti (Santo Nicoletti); il virtuosismo grafico dell’arabesco di Jaleh Nezamdoust; le mutazioni della natura – le metamorfosi della coccinella dorata – che insistono sul volto giovane dell’artista (Natalia Bonacini); le pitture “corporali” ed il video che pare dimostrare come il colore si formi in bocca (Paola Baccigalupo). Ecco, tutto questo è Crossing references: un percorso attraverso il quale verificare se Jorge Luis Borges aveva ragione nell’affermare: “Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento: quello in cui l’uomo sa per sempre chi è. Borges non pensava certamente alle proposte “site specific”, ma piuttosto alla possibilità dare un senso all’esistenza. Un senso che, spesso, si concentra in un accadimento, in un istante capace di rendere il soggetto consapevole quello di che effettivamente “è”. Non per come appare, per come si manifesta, per la sua Gestalt, ma proprio per quello che realmente “è”.
Bruno Bandini