Casagallery IN(N)
Sara Menegatti, Giulia Giannerini, Yana Drumeva, Federica Barbieri, Maurizio Secchi
Luogo dell’evento: Spazio Vincenzetti – Via Passeri, 95/97 – Pesaro
Data dell’evento: Giugno 2013
Quando mesi or sono incontrai Barbara Ceciliato e Claudio Rosi a Bologna, chiacchierando davanti ad un caffè fumante, ebbi modo di conoscere la entusiasmante realtà cui avevano dato vita: Casagallery Itinerante, un site-specific nato nel 2007 in cui studenti dell’Accademia bolognese, giovani artisti, curatori e critici potessero dar forma alla propria creatività, confrontandosi con un ambiente originale e domestico. Dopo aver gustato il caffè, venni condotto all’interno dell’antro creativo, la casa/laboratorio di Claudio Rosi, dove i giovani artisti orbitanti, dal 2010, accendevano e sperimentavano i propri talenti, dando vita, di volta in volta, ad eventi, rassegne, installazioni e mostre, in complicità con le pareti del luogo. Passeggiando tra i vani dell’appartamento appresi le successive tappe biografiche del site-specific, il quale, divenuto dal 2011 “itinerante”, come un nomade ha iniziato ad invadere quegli spazi, pubblici e privati, che cedessero alle sue lusinghe. Già dai saluti di commiato, che posero fine alla nostra chiacchierata, iniziai a riflettere e rimuginare, nel desiderio di irretire questa polimorfa creatura e generare una fertile collaborazione. Da tutto ciò nasce CASAGALLERY IN(N), una videoinstallazione che raccoglie una serie di opere realizzate da cinque giovani artisti, nati fra le mura della fucina creativa. Il titolo tenta di catturare l’anima, la storia ed il DNA di questa particolare entità gassosa: “INN”, in quanto site-specific, dimora accogliente per le più eterogenee forme di creatività; “IN”, perché nomade che approda sulle rive del XXXFuorifestival, all’interno dello SPAZIO VINCENZETTI, ennesima tappa del suo peregrinare.
Ognuno dei giovani artisti selezionati è “figlio” dell’Accademia ed ha perciò affrontato un percorso complesso ed eterogeneo che lo ha condotto attraverso molteplici forme ed esperienze fin verso il medium video, che pare raccogliere e condensare molte delle tappe maturate. Una claudicante nenia infantile, perfusa da un coro di imberbi risate, ci introduce al ricordo, nella sua dimensione più onirica ed impalpabile. Nel video ‘Memories of Child’ di Sara Menegatti, un invisibile bambino gioca abbarbicato su di una sedia. Suoni ed oggetti (un carillon e delle scarpine) testimoniano la sua presenza, diluendola nel flusso del tempo, tra le pieghe della memoria. La poetica dell’artista muove alla ricerca di detonatori mnemonici, capaci non solo di evocare ricordi ma anche di ricostruire presenze, sulla soglia di una potente dimensione onirica, ma anche del più lucido abbecedario concettuale. La video opera intitolata ‘L’Urlo’ di Giulia Giannerini sfrutta una serie di scatti fotografici (mezzo particolarmente caro all’autrice), che scompongono l’azione immortalata, segmentandola in tracce susseguenti, moltiplicate, affiancate, sovrapposte, e infine ricucite nelle tensione performativa del gesto. La preponderante componente “istantanea”, poi ricostruita, alimenta tanto la forma quanto il contenuto, porgendoci una differente lettura dell’azione. Il secondo lavoro dell’artista, presente in mostra, pone in misteriosa relazione due filmati differenti. Incontriamo dapprima l’agire di una bambina che gioca tra i sedili di un treno, canticchiando l’insensato ritornello che attribuisce il titolo all’opera: Phone ia ia. Lentamente le immagini si sciolgono, facendo emergere la visione dinamica di un strada notturna inquadrata, in soggettiva, da un automobile in movimento. La stridente ma conturbante sovrapposizione dinamica tra le due eterogenee situazioni trova la sua ragion d’essere nella profonda pupilla dell’artista, che sfrutta lo scatto più puro senza adulterarlo. Il suo appassionato approccio fotografico viene travasato nell’opera video, ambito in cui avviene la manipolazione: uno sguardo puro, a grado zero, ed una associazione (quantomeno apparentemente) indiscriminata adoperano il lessico reportagistico come una tavolozza, generando qualcosa di nuovo.
Nel video ‘Robert’ di Yana Drumeva assistiamo al dialogo “fisico” tra l’ombra e un orsacchiotto. Non un semplice incontro, ma un intenso racconto, che sfrutta sapientemente la componente sonora. Le parole mute, ogni impalpabile gesto descrivono un rapporto intenso e lontano, nel tempo e nello spazio, la parabola di una conturbante relazione affettiva: infantile, adolescenziale, forse erotica. A contatto con la poetica dell’artista, l’ombra di entità animata o inanimata diviene quindi avatar, una potente traccia e un indice che rimanda ad una fonte, tracciando itinerari serpentiformi e non rettilinei, in una traiettoria che dal prosaico muove verso il lirico. Questa relazione si estende nello spazio e nel tempo, racchiude elementi presenti o oramai persi, conserva emozioni lontane, rinnovandole. ‘My body is a cage’ di Federica Barbieri mostra l’artista/performer impegnata nel compiere un gesto rarefatto e solenne. L’azione potentemente isolata, diviene fulcro semantico privo di contesto, espressione affermativa del soggetto. Il movimento più puro ed il tempo distorto costituiscono i capisaldi dell’opera, tanto che l’inversione di marcia cronologica diviene virtuoso strumento d’analisi e riflessione performativa.
Rivoltata come un guanto l’azione rinasce, proiettando l’immagine del corpo, fulgida icona semovente, in una dimensione ieratica e, a tratti, estraniante. In tal modo, il ribaltamento del fisiologico lessico performativo agevola una nuova e forse più profonda lettura semantica dell’agito, dell’agente e dell’agire. Nel video intitolato ‘… A chiunque può succedere… Ciò che può succedere a chiunque… ‘ di Maurizio Secchi un flusso acido di musica elettronica insegue l’occhio della videocamera che, puntato al suolo, si muove ad alta velocità, producendo il susseguirsi continuo di immagini sfilacciate, una irrequieta tela investita da macchie e pennellate. Lo sposalizio bellico tra immagine e suono rivela la profonda ricerca operata in entrambe le direzioni. Suggestioni visive, ma anche semantiche, che muovono dalla poetica futurista-divisionista, attraverso l’astrattismo e il più umido dei dripping, nuotando tra note aspre e prive di calore corporeo. Un neopittorialismo dinamico-visuale che agglutina sinesteticamente l’udito e, correndo veloce, sguscia via viscido, come la più elettrica delle anguille.Riccardo Omar Zehender