DESPLACEMENTS /SPOSTAMENTI
Artisti: Gianluca Ferrari, Damiano Paroni, Claudio Rosi
Luogo dell’evento: Ex Refettorio delle Monache – Museo della Resistenza – Istituto Storico Parri, via S. Isaia, 20 – Bologna
Testi critici: Donato Novellini, Rosetta Termenini
A cura di: Claudio Rosi
Organizzazione comunicazione: Barbara Ceciliato
Assistente all’esposizione/recensioni: Angela Di Pasquo
Data dell’evento: dall’11 al 18 ottobre 2019
Opening long: ore 18, venerdi 11 e sabato 12 ottobre 2019
in occasione della 15a Giornata del Contemporaneo AMACI
La mostra, a cura di Claudio Rosi, pur nella diversità delle opere dei tre artisti, ha come base di partenza l’idea dello spostamento, come del resto suggerisce il titolo stesso: ogni opera non è mai ben definita, si modella in base all’ambiente circostante, dialoga con esso ed è suscettibile di continue modifiche. Opere perciò dinamiche, vive, in continua evoluzione.
LA REALTA’ REVERSIBILE
Anche quest’anno per la giornata Amaci, Casagallery espone all’Istituto per la Resistenza, Museo Parri a Bologna, con la mostra dal titolo “Displacements/Spostamenti” curata da Claudio Rosi. I protagonisti di questa collettiva sono tre artisti Claudio Rosi, Gianluca Ferrari e Damiano Paroni. Claudio Rosi si esprime attraverso la geometria del cono, solido che si forma con un rotazione completa di un triangolo rettangolo attorno a un cateto. E’ un gesto dell’artista che si fa architettura che sottende la sua struttura interna in un unicum che fonde la forma, lo spazio e la tecnologia. La ripetizione di questa forma porta tuttavia a un caos controllato che si manifesta nell’enorme accrescimento e moltiplicazione di posizioni e punti di vista . M. Feuillet : “..il cono è un segno d’elevazione pura e astratta verso lo Spirito…”. La scelta cromatica evidenzia un trasporto verso il piacere della vita, il suo godimento e la continua ricerca. Gianluca Ferrari con le sue fotografie in bianco e nero porta inevitabilmente alla perdita del referente. Il reale scompare negli e dagli oggetti che sono piuttosto segni che si scambiano vorticosamente; scompare perché viviamo un’ esistenza in differita poiché si è creata una frattura tra l’evento e il suo doppio: l’immagine. L’opera dell’artista seduce per i continui scambi di ruolo tra reale e virtuale, che tuttavia attraverso l’opera si appropria del suo luogo. In Damiano Paroni vedrete l’idea di uno spazio dissolto in frammenti , una deflagrazione silenziosa, che disegna diverse traiettorie. Si tratta solamente di una intuizione protratta all’infinito e proposta in ogni stanza? Il suo modo di riflettere su un fenomeno consiste nel vederne sempre l’inizio e la fine, cercando anche di comprendere quello che c’è oltre tale fine. L’artista innesca una mutazione dovuta a un’accelerazione vorticosa. Jean Baudrillard : “noi cerchiamo di andare sempre più veloci benché siamo virtualmente già arrivati fino in fondo, siamo alla fine”.
Rosetta Termenini
SPOSTAMENTI RESISTENTI
DISPLACEMENTS / SPOSTAMENTI è un’operazione sedimentaria d’alienità sussurranti, vicinanze/distanze e autonome apparenti staticità; persistenze – quelle di Gianluca Ferrari, Damiano Paroni e Claudio Rosi – che assumono forma estemporanea presso il Museo della Resistenza di Bologna.
Insediamento eterodosso, oggettuale e al contempo virtuale come dell’arte, per altro senza che si squassi alcunché negli intonaci degli alloggi, vergini murature fattesi in questa occasione scatola condiscendente; nello spazio storico-commemorativo s’adagia difatti in piano – e tuttavia facendo del movimento interrotto la ragione d’essere – una teatralità fissata in crismi di passaggio, di passeggio, di posteggio; documentazione immaginifica messa in fogge diverse ed altre criptiche nature morte, risorte liofilizzate rammentando – probabilmente involontariamente – certo minimalismo musicale o d’avanguardia che fu. Scalpiccio sonoro, un passo prima del silenzio. “Falso movimento”, lambendo accidentalmente e per assonanza pure il cinema.
Triangolazione assorta, astratta, assortita nella materia resa coriandolo monocromo o coagulata in monolite, fotogramma messo in replica, frame, lucore tecnologico, geometria riflessa, iperrealistica iconografia semovente, planata depositata in un sottile paradosso perimetrico di comunicazione/incomunicabilità, indovinello appoggiato nello spazio da un demiurgo con tre facce, primigenio calco di meteorite, tronco digitalizzato intagliato, foglie ottobrine, cellulosa caduta dal macrocosmo caliginoso, pulviscolo penne di corvo e poi tutto bianco, tempesta di cenere, tormenta ibernata nelle forme, carbon fossile deglutito dalla canna fumaria del tempo, grumo frantumatosi nelle antiche sale ignorando le pareti fin quaggiù, finalmente a terra; possiamo scendere, guardare al suolo?
Ad un passo dai piedi e dal dubbio degli occhi sta l’ordine dato alle forme, epifania triale semovente, spirale al nero con diversivi albedo/rubedo forse da sempre lì sul pavimento e non ce n’eravamo accorti – s’erano dimenticati di allestire nelle epoche precedenti – inseminazione di futuri anteriori: calcinacci peli nuche epidermidi nuclei nicchie, mappamondi decomposti, pixel cartacarbone fogliame abbrustolito birilli e piramidi, giocattoli euclidei.
L’arte è molto importante quando conta niente, quando moltiplica somma sottrae divide, ignara dell’abaco perduto; quando capita per caso dopo secoli anni mesi settimane giorni ore minuti secondi e conti alla rovescia, ozi di studio smemorato, lavorio obliato; quando è architettata per nascondersi, arretrarsi, intimidirsi al cospetto di sguardi avidi quanto frugali.
Tentare l’ignoto, mimetizzarsi, sparire dietro le pupille, cruccio dell’inconscio. Talvolta pure alludere, illudere oppure ledere: L’arte non esiste, è una parola che viene sempre dopo, troppo tardi per i passanti e per i passeggeri, superstizione arcana dacché gli uomini hanno smesso di contemplare altari, fossero anche vuoti, defunta s’è rifugiata in codici a noi ignoti. Li capiranno i posteri e applausi dal futuro. Ciò che si fa oggi è già accaduto, è la novità dell’eco, ricordo centrifugato della primizia mai colta, bisbiglio mitico, artifizio d’un graffio rupestre, inganno della memoria, bisturi.
In occasione della Giornata del Contemporaneo può esistere solo ciò che trapassa Crono, quello che inceppa l’orologio, ovvero l’atemporale, l’ancestrale, il lacerto cosmico, dissolvenza: quella nebulosa messa a sovrintendere il planetario celeste, qualche volta negli “spostamenti” umani può rispecchiarsi a terra, sembrando immobile stilizzazione mimetica caduta da chissà dove. Mentre invece non è altro che una miniatura del mistero, forma che avendo trovato lo spazio s’interroga sul tempo.
Donato Novellini