NULLA E’ COME SEMBRA
In occasione dell’ XIII Giornata del Contemporaneo, il 14 ottobre 2017
Evento: “NULLA E’ COME SEMBRA”
Luogo dell’evento: Istituto Storico Parri – Museo della Resistenza, Via San Isaia 20, 40123 Bologna
Data dell’evento: 14 / 20 Ottobre 2017.
Nello spazio espositivo “Ex Refettorio delle Monache” dell’Istituto Storico Parri-Museo della Resistenza, erano visibili lavori quali, video, installazioni, foto, allestimenti sonori, opere prodotte da un gruppo scelto di giovani artisti di varie nazionalità che nelle loro proposte, hanno seguito l’input dettato dal titolo della mostra.
Con la cura artistica di Claudio Rosi
Organizzazione e comunicazione di Barbara Ceciliato
Artisti in mostra:
Rebecca Ardizzoni, Anna Bellegati, Arianna Capriotti, Fereshteh Fatemy, Pegah Pasyar, Shabnam Shahgholi.
NULLA E’ COME SEMBRA
Dice Eraclito:”l’armonia nascosta è migliore di quella apparente. L’opposizione porta accordo. Dalla discordia nasce l’armonia più bella. È nel mutamento che le cose trovano quiete”.
“A volte nulla è come sembra”. “Per me, io sono colei che mi si crede”. “Così è, se vi pare”, scrive Pirandello.
Ci sono molte cose che ci appaiono diverse da come sono in realtà. Cose che sembrano avere una forma mentre in realtà ne hanno un’altra. Pensiamo all’inganno ottico delle stelle, che a volte ci appaiono più luminose e quindi più grandi rispetto ad altre, anche se in realtà sono più piccole. O pensiamo al sole che, al contrario, ci appare come la stella più luminosa, mentre è nulla, se confrontata alla stella più luminosa della nostra galassia, che tuttavia ci appare più piccola e meno luminosa. Nel nostro vivere quotidiano sono tantissime le cose che al primo istante ci appaiono in un modo, che è poi quello più aderente al nostro bagaglio di idee, cultura, educazione e pensiero, ma che successivamente, quando il nostro io si mette in disparte, assumono l’oggettività della realtà. Illusione e realtà, essere e apparire. Un tema affascinante e complicato che gli artisti di Casagallery hanno deciso di indagare e trasformare in opera d’arte attraverso l’esposizione omonima all’interno dell’Istituto Storico Parri a Bologna, a cura di Claudio Rosi e Barbara Ceciliato.
Pegah Pasyar, artista iraniana, utilizza il linguaggio del video per dirci che ognuno di noi ha una maschera, non importa se uomo o donna. E ancora esprime questo concetto di apparenza e finzione con piccole sculture di argilla cotta, dal titolo “ Mister Cow”.
Arianna Capriotti, espone una scultura di ceramica e terracotta dal titolo Onde scomposte. Gli elementi ovoidali assemblati a spirale simboleggiano il vortice della vita. Il colore dell’argilla cambia, come cambiano le cose dentro di noi. L’acqua e il carbone presenti nell’opera vogliono significare, corrispettivamente, la nascita dell’uomo, l’inizio e la fine della sua vita, cioè quello che ne rimane.
Shabnam Shahgholi, anch’essa iraniana, crea un’installazione di sacchetti di carta di diverse marche che rimanda inevitabilmente alle strategie del marketing e del consumismo, al rapporto tra brand e prodotto che veicolano e rimodellano il pensiero del fruitore. Il percorso nello spazio creato dall’artista cerca di indicarci la giusta direzione e una scelta spontanea che vada oltre le finzioni della comunicazione pubblicitaria.
L’esposizione è accompagnata da uno strumento persiano, un liuto chiamato “Tar”, suonato dal musicista Faraz Entessari, che improvvisa su un repertorio classico.
Anna Bellegati, con la sua installazione Questione di sguardi, ci rimanda al mondo dell’infanzia in cui tutto sembra più chiaro e trasparente. La stessa artista realizza il video Memorie con rocchetti di filo che si srotolano personificando le persone e la loro vita. Alcune volte si muovono insieme, altre volte separatamente e autonomamente, rallentano il loro percorso e riprendendo il viaggio. In altri casi i fili del rocchetto si ingarbugliano e non permettono di avanzare.
Rebecca Ardizzoni ha prodotto un calco delle proprie mani, per l’artista la parte più espressiva del proprio corpo, secondo la teoria della chirognomia, arte divinatoria che ha l’obiettivo di delineare i tratti caratteriali di una persona dall’esame della mano. Un filo rosso si annoda attorno alla scultura simboleggiando il rapporto con il prossimo. Ancora un totem di fili rossi attorcigliati ci rimandano alle difficoltà di relazioni tra le persone.
Durante tutto il vernissage l’artista iraniana Fereshteh Fatemi esegue una performance piegando e riaprendo in modo insistente ed incessante cinque lenzuola di grandi dimensioni, dipinte da lei stessa con segni astratti, a significare i viaggi che ciascuno compie, viaggi anche realmente vissuti, tratti dalla propria esperienza personale, incentrati sulle difficoltà legate all’emigrazione in altri paesi e all’adattarsi a nuove culture.
Negli ambienti della mostra, c’è inoltre uno spazio riservato a “80 ragazzi” dell’Accademia di Belle Arti di Bologna: è presente un contenitore in plexiglass, debordante di piccole sculture. Questi lavori, realizzati da ciascuno di loro, sono ottenuti partendo da un panetto di sapone di Marsiglia.
Artisti di diverse nazionalità hanno prodotto video, sculture, installazioni, performance e suoni attraverso un viaggio nella memoria, nelle suggestioni e nei pensieri personali e collettivi, abilmente scoperti ed esplorati.
(Rosetta Termenini)