Programma Italia
Federica Barbieri, Roberta Cavallari (e Lucia Anselmi), Barbara Ceciliato, Gianluca Ferrari, Claudio Rosi, Letizia Rostagno (e Andrea Nocchia), Tomomi Takamatsu (Francesco Corlaita)
Luogo dell’evento: Palazzo Re Enzo e Del Podestà (Bologna)
Data dell’evento: dal 18 al 21 settembre 2014
ARTELIBRO 2014
“PROGRAMMA ITALIA. Miti, Archetipi, Nuove Iconografie.”
A cura di Sergio RISALITICASAGALLERY propone, per la sua partecipazione all’evento “PROGRAMMA ITALIA”, in ARTELIBRO Bologna 2014, sette artisti che hanno un curriculum ed esperienze nazionali ed internazionali, ruoli attivi nell’Associazione Culturale e si relazionano, per passione e professione, alla cura del patrimonio artistico italiano, utilizzando, in prevalenza per questa esposizione, il linguaggio fotografico.
Artisti e opere:
Federica Barbieri con un lavoro dal titolo “La Dotta”,
Roberta Cavallari (e Lucia Anselmi) con “Ti abbraccio non aver paura”,
Barbara Ceciliato con “Cieli di Linda”,
Gianluca Ferrari con “Figures”,
Claudio Rosi con “La maschera nella maschera”,
Letizia Rostagno (e Andrea Nocchia) con “Feet series: n.5”,
Tomomi Takamatsu (e Francesco Corlaita) con “Sky tree”
Quest’anno Casagallery Itinerante è stata invitata ad Artelibro Festival del Libro e della Storia dell’Arte che ha ospitato una sezione specifica della mostra-mercato dal titolo PROGRAMMA ITALIA. Miti, Archetipi, Nuove Iconografie a cura di Sergio Risaliti. L’esposizione come tutti gli anni è stata allestita a Bologna all’interno del Palazzo di Re Enzo e del Podestà.Tra le varie esposizioni sono attirata dall’opera “Maschera nella maschera” di Claudio Rosi. La prima parola che mi viene in mente leggendo il titolo dell’opera, è incomunicabilità. Questo sentimento crea un senso di solitudine e di esclusione dalla società e persino da se stessi, provocando la crisi attraverso un insieme di io discordanti che fanno sentire le persone forestiere della vita. E chi non l’ha mai provato? C’è chi accetta la maschera e sommessamente cerca di mostrarsi per quello che lui crede di essere, c’è chi crea la sua immagine non corrispondente a quello che è nella realtà, c’è chi ironizza e usa la maschera per ricavarne qualcosa. E allora qual è l’identità che ognuno di noi cerca? Oltre l’alienazione, oltre il dramma, oltre l’inconsistenza di rituali e convenzioni, la strada scelta da Claudio Rosi è la pittura. Attraverso le regole pittoriche, l’artista crea congiunture dinamiche tra la frammentazione dei segni e dei colori, che acquistano un significato nella sovrapposizione, nell’essere o nello scomparire dell’immagine e della forma, negando l’esistenza di verità assolute a favore di un relativismo che solo nella pittura viene accettato e premiato. Chi invece di dipingere “fa pittura” riesce a superare le leggi dell’incomunicabilità dell’essere umano.
E di nuovo nell’opera fotografica di Letizia Rostagno dal titolo “Feet series:n°5”, ritroviamo un richiamo al corpo della classicità, ma ancora meglio al contrasto tra l’io individuale e l’io sociale. L’immagine è più chiara, ma deformata dal taglio fotografico. L’equilibrio cosmico non è ancora stato trovato dall’uomo. La metonimia non è un caso, i piedi sono la base su cui poggiamo, la nostra stabilità, ma nello stesso tempo ci permettono di muoverci in mezzo agli altri, di ricercare, di viaggiare. E ancora una volta troviamo la dicotomia: “stare con i piedi per terra”, cioè essere realisti e concreti e dall’altra parte cercare il sogno. Ma la cosa più preziosa che ci donano è l’avanzare. Il titolo del lavoro di Gianluca Ferrari è “Pieces” (pezzi…del suo autoritratto). Ricorda il mito di Iside e Osiride: l’amato di Iside è stato fatto a pezzi da Seth. Iside cerca di unire i pezzi dell’amato per ricomporlo e generare il figlio Horus in un’unica notte d’amore. I ricercatori di verità insistono spesso sul mettere insieme tanti frammenti che corrispondono a tante piccole verità che insieme raggiungono l’unità. L’artista cerca queste piccole storie intrinseche nell’umanità, cerca di dare una forma alla coscienza come appartenente a diverse sfere di realtà.L’ eleborazioni fotografiche di vecchie polaroid, “Cieli” di Barbara Ceciliato rimandano ad antiche mitologie. Molte civiltà hanno fatto del cielo un divinatore, un rivelatore di segni e ognuna con i propri eroi trovava loro un posto nel firmamento. Il cielo come Dio celeste, come creatore e generatore, il suo nome originario era “luce” che dà la vita. Ma anche qui si presenta il suo doppio: il cielo è spesso contrapposto alla notte, alle tenebre è ordine e disordine, è dimora del sole, della luna, degli astri e del buio. Il cielo sovrasta l’uomo che si trova a vivere tra la terra e il cielo e deve trovare l’equilibrio tra i diversi modi di vivere possibili: il sacro, il profano e l’immaginario.“Sky- tree” è il titolo dell’opera di Tomomi Takamastu. E’ un sovrapporsi di disegno e ricamo su tulle realizzato dalla stessa artista. Le antiche trine italiane parlano da sole. La storia attraverso il manufatto femminile, un gesto archetipico che racchiude in sé l’identità della natura della donna, del suo abbraccio, del suo esserci. Il ricamo ripetuto nel tempo diventa sacro, si ritualizza e diventa mito. Nel titolo ritroviamo ancora la parola “cielo”, ma anche un elemento nuovo, l’albero che si pone come centro e asse dell’universo e come collegamento tra zone cosmiche: il cielo e la terra. L’albero, in quanto tale, si rigenera sempre con il passare delle stagioni: perde le foglie, secca, sembra morire, ma poi ogni volta rinasce e recupera il suo splendore. Per queste sue caratteristiche, esso diventa non solo un elemento sacro, ma addirittura un microcosmo, perché nel suo processo di evoluzione rappresenta e ripete la creazione dell’universo. La stessa opera di Tomomi è un ripetersi di gesti che danno forma all’opera e la creano. L’opera “Ti abbraccio non ho più paura” è di Roberta Cavallari e Lucia Anselmi. L’elaborazione fotografica mostra un abbraccio di una donna e un uomo. E’ un abbraccio affettuoso, ma non sentimentale, un abbraccio di accudimento, di rassicurazione, conforto e sollievo, incoraggiamento contro la paura primaria generata da un’emozione dominata dall’istinto. Spesso la paura dell’uomo non è reale, è una percezione che anche davanti a situazioni normalissime, il soggetto vive con profondo disagio. Spesso il dolore e il piacere si equivalgono e l’individuo resta in attesa che qualche avvenimento esterno faccia pendere la bilancia da una parte o dall’altra. Credo che quell’abbraccio possa aiutare ogni uomo a propendere per la propria strada. “La Dotta” è l’opera di Federica Barbieri che fotografa la “fontana del Nettuno” nel centro della città di Bologna da cui deriva anche il titolo dell’opera. Il protagonista della fontana scelta dall’artista, è Nettuno, poderosa figura dio dei mari e dei terremoti circondato da ninfe, divinità, delfini ed esseri mostruosi, tra gli stemmi araldici delle autorità pontificie, che con il suo tridente cerca di scacciare le onde. La fontana è un esempio innegabile di scultura di pietra dura, solida, resistente, inamovibile tra cui si insinua la leggerezza dell’acqua. Federica ha però scelto di fotografare un particolare che ci mostra lo scontro tra luce e ombre, solo uno zampillo d’acqua lascia intravedere una luce. L’acqua come dea madre, che dona vita, come purificatrice, ma senza una conformazione precisa, al contrario può assumere qualunque forma e per questo imprevedibile.
Rosetta Termenini